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Nom de l’auteur/autrice :Radio Pantelleria

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🚩|| 𝐑𝐀𝐃𝐈𝐎 ® 𝐏𝐀𝐍𝐓𝐄𝐋𝐋𝐄𝐑𝐈𝐀 || 🚩 Ritrovamento di strumento per la raccolta del corallo

Grazie alla segnalazione del responsabile del Diving Club Cala Levante di Pantelleria, Francesco Spaggiari, la Soprintendenza del Mare, guidata da Sebastiano Tusa, ha effettuato nel 2010 un ritrovamento ritenuto “di grande interesse archeologico nelle limpide acque di Cala Levante a Pantelleria”. Ad una profondita’ di circa 23 metri, su un fondale sabbioso e’ stato rinvenuto un elemento a prima vista assolutamente incomprensibile costituito da un trave ligneo inserito in una semisfera di piombo del diametro di circa cm 50. Analizzandolo con attenzione si sono individuati gli agganci al trave centrale di due elementi di ferro ortogonali tra loro posti rispettivamente al di sopra e al di sotto della semisfera di piombo. Ad una prima analisi sembra probabile che si tratti di uno strumento utilizzato per la raccolta del corallo, molto simile alle ”ingegne” o croci di Sant’Andrea utilizzate fino in tempi recenti per la rovinosa raccolta del corallo nei nostri mari. Questo strumento sembra piu’ elaborato poiche’ costituto da un elemento ligneo su cui fusero la semisfera che faceva da peso per fare aderire bene al fondo i bracci incrociati che fuoriuscivano dal trave centrale. Il piu’ antico strumento per la raccolta del corallo Si tratta del piu’ antico strumento per la raccolta del corallo mai rinvenuto nelle acque della Sicilia. Rinvenimenti di simili oggetti sono avvenuti soprattutto in Sardegna e sulla costa mediterranea della Francia. Il rinvenimento conferma l’ipotesi che la ”croce di Sant’Andrea” usata fino in tempi recenti affondi le sue radici in epoca romana o addirittura ellenistica. Il nostro esemplare, tuttavia presenta una maggiore accuratezza nell’esecuzione e potrebbe rappresentare un’evoluzione di epoca tardo romana di quanto era stato precedentemente inventato. Che la raccolta del corallo fosse una delle attivita’ principali nell’economia marittima di epoca romana ce lo afferma con dovizia di particolare anche Plinio.

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🚩|| 𝐑𝐀𝐃𝐈𝐎 ® 𝐏𝐀𝐍𝐓𝐄𝐋𝐋𝐄𝐑𝐈𝐀 || 🚩 “Il sito archeologico di Cala Tramontana”

Al largo di Cala Tramontana, tra giugno e Agosto 2011 a 22 metri di profondità sono state ritrovate 3.418 monete di bronzo della seconda metà del terzo secolo A.C. oltre ad anfore, ancore e vasellame. Le monete tutte eguali, recano una testa di donna con lo sguardo rivolto verso sinistra e l’acconciatura sostenuta da una corona di grano, rappresentante la dea Tanit protettrice di Cartagine. Nel rovescio c’è una testa di cavallo che guarda a destra. Il ritrovamento, al di là del mero valore economico, è da considerare di importanza storica, in quanto certifica l’avvenuta conquista da parte dei romani dell’isola, documentata insufficientementedalla nomenclatura storica dell’isola. Polibio: conquista di Pantelleria da parte dei romani nel 217 a. C. Francesco Spaggiari,  l’esploratore subacqueo di “Pantelleria Ricerche”, il consorzio che ha effettuato le ricerche subacquee a Cala Tramontana, effettuò  la clamorosa scoperta del tesoretto di monete di bronzo puniche. In merito al ritrovamento lo stesso spiegò che “Il sito è conosciuto dal 2004.  In quell’anno sono stati denunciati e portati in evidenza una serie di reperti. Li ho scoperto e denunciato io. Nel 2004, le prime cose che erano venuti fuori, erano dei resti di un’anfora punica che comparivano dalla sabbia e dei sassi molto grandi che potevano rappresentare la zavorra di una nave. Erano dei parallelepipedi di una roccia, che non era pantesca, uno vicino all’altro, che meritavano di essere indagati Allo stesso tempo, all’inizio del progetto  “Arcus” che stiamo realizzando con il consorzio “Pantelleria Ricerche” mirato all’approfondimento delle conoscenze di quello che c’è in questa baia, le prime fasi prevedevano l’inizio della supervisione del sito per rendersi conto di come erano distribuiti i reperti. Durante la seconda immersione in un fondale molto sabbioso, sotto una roccia il mio occhio è caduto sopra un qualcosa di verde fosforescente. Questo verde, per me, è significato qualcosa che valeva la pena essere indagato. Allora sono sceso ed ho scrostato leggermente la sabbia e quel verde si è rilevato essere una moneta. Di lì a poco di queste monete ne sono venute fuori altre quattro. Una volta emerso ne ho parlato con il dottor Abelli che è il direttore scientifico del progetto e membro del consorzio “Pantelleria Ricerche”, e si è deciso di fare un’altra immersione per vedere cosa davvero si celava sotto la sabbia. Si sono susseguite tre immersioni e all’interno di queste immersioni oggi possiamo contare più di 1500 monete ritrovate”.  Sinergia e sinergie nella archeologia subacquea Il professor Pier Giorgio Spanu,  dell’Università di Sassari, con alcuni studenti ha partecipato allo scavo subacqueo di Cala Tramontana a dimostrazione di come si può lavorare in sinergia nel campo della ricerca, della tutela e della didattica.  Lo scavo didattico diede l’opportunità agli studenti dell’università della scuola di specializzazione in archeologia subacquea dell’ateneo sassarese, e del dottorato di ricerca in storia e cultura del Mediterraneo antico, di formarsi. L’allora Ministro della Salute Ferruccio Fazio, cittadino Pantesco : “Eravamo sicuri che ci fossero dei reperti importanti sul fondo della Cala. C’è ancora molto da scavare, ci sono molte cose interessanti là sotto. Pantelleria nel terzo secolo avanti Cristo era proprio il punto di incrocio dei traffici tra Roma e Cartagine. Sia per il maltempo, sia in alcuni momenti in cui c’erano delle battaglie tra flotte cartaginesi e puniche contro i romani, è naturale che molte navi siano affondate”.  

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🚩|| 𝐑𝐀𝐃𝐈𝐎 ® 𝐏𝐀𝐍𝐓𝐄𝐋𝐋𝐄𝐑𝐈𝐀 || 🚩 “Pillole di Storia della Perla Nera del Mediterraneo”

In un piccolo fazzoletto di terra, troviamo un pò di tutto, grotte e faglie, sorgenti termali e favare (emissioni naturali di vapore acqueo), altipiani e laghi vulcanici. L’isola è varia ma soprattutto bella. Di una bellezza che ti conquista subito per via di queste rocce scure che si nascondono dentro al verde, per via della vegetazione che il vento mantiene bassa, per le costruzioni ancora discrete (e speriamo che si mantengano tali) che punteggiano il paesaggio senza stravolgerlo, caratterizzate dalle cupolette bianche di calce: i dammusi. Amiamo quest’isola per via delle sue vigne. Senza pali, senza fili, senza spalliere, la vigna di Pantelleria è vigna primordiale, sembrerebbe quasi selvaggia e spontanea se questi alberelli, che appena spuntano dalla loro fossa interrata, non fossero così regolari. Ciuffi di foglie protetti dal terreno sabbioso rendono il paesaggio unico. L’altopiano di Mueggen è il miglior esempio del genere, un gigantesco “orto” di viti, arato non dagli animali o dagli attrezzi ma dalla mano dell’uomo che nei secoli ha disegnato con il sudore e il lavoro le migliaia di chilometri di questi muretti a secco, dei terrazzamenti, le curve e le pieghe di questo incantevole paesaggio. La mancanza di sorgenti e le cisterne per conservare l’acqua piovana Il vino è da sempre protagonista dell’isola, ma i veri problemi sono sempre venuti dall’acqua. A risolverli con incredibile sagacia sono state le diverse civiltà che si sono succedute nell’isola, prima fra tutte i fenici. Il loro sistema di cisterne e canalizzazioni per raccogliere, non disperdere e conservare l’acqua piovana, non solo è mirabile, ma estremamente efficiente. I fenici hanno disseminato l’isola di centinaia di cisterne vetrificate con pasta di cocci e ossidiana. Un sistema che ha permesso la sopravvivenza della popolazione, il diffondersi dell’agricoltura e che funziona perfettamente anche oggi. Negli ultimi decenni la tecnologia è venuta incontro al problema e l’impianto di desalinizzazione dell’acqua marina rappresenta certo uno dei più significativi cambiamenti alla vita dell’isola, permettendo una forte presenza di turismo estivo senza troppi problemi, ma le cisterne funzionano ancora e in alcune zone più remote dell’isola sono sempre loro il cardine essenziale per mantenere vivo il tessuto agricolo originale. Isola di agricoltori Un’isola dove al mare si preferisce la terra, dove la strada perimetrale passa in genere alta e lontana dalla costa, e i pochi (e brutti in genere) alberghi, salvo poche eccezioni sono nei centri abitati o a mezza costa. Qui ancora i dammusi si disperdono nel verde e raramente arrivano a mare, e l’agricoltura rimane più importante della pesca. Uno dei piatti più amati è il coniglio e soprattutto le mille verdure che gli orti offrono nelle varie stagioni. Verdure che per la poca acqua crescono a fatica, ma sono cariche di sole e sapore. Provate i piatti tipici, ma non tanto i crostacei e la cernia (peraltro squisita) , ma il coniglio, e meglio ancora la “sciakisciuka” un misto caldo di verdure cotte al forno, il “cucurumma” a base di zucchine e così via. La materia prima degli utensili da lavoro per millenni L’Ossidiana ha fatto per millenni la fortuna di Pantelleria. Roccia dura a spigoli vivi, nera e spesso translucida, è stata la materia prima degli utensili di lavoro per millenni. Oggi queste pietre segnano per migliaia di chilometri i campi, ne definiscono i percorsi e i confini, le migliaia di appezzamenti. La proprietà è frazionata al massimo, ogni contadino ha il suo orto, il suo vino, nato come alimento per le stagioni fredde. I SESI Le mani dell’uomo piccole ma grandi nello stesso tempo perchè capaci, se guidate dalla creatività, di monumentali gioielli. A testimonianza nell’isola di Pantelleria ci sono dei monumenti funebri chiamati SESI che architettonicamente hanno molto in comune con i Nuraghi sardi e risalgono circa al 5000 A.C. Essi sfidano lo scorrere dei secoli, indicando all’uomo di oggi, quasi a monito, l’abilità edilizia nonchè le capacità intellettive del primo insediamento umano a Pantelleria. Da dove venisse il popolo preistorico, autore di tali costruzioni, non si sa; si possono fare delle supposizioni e pertanto risultano diversi i pareri degli studiosi. Che fossero Fenici o Pelegi – Tirreni come riteneva l’Arciprete D’Aietti o Siculi secondo la tesi del Dott. Rosario Salvo di Pietra Gansili o infine Iberici ha un’importanza relativa. Significativo è il fatto che questo popolo si stanziò nell’Isola, attratto certo dall’ossidiana “la preziosa roccia con cui si confezionavano nel neolitico le armi più eccellenti e i più eccellenti strumenti di taglio” e si rilevarono provetti maestri nell’arte della muratura come lo attestano i Sesi. Monumento di forma ellittica, alto quasi sei metri, il Sese del Re ha tre ripiani a differenti altezze e s’innalza in una plana desertica, costellata di magma che, pietrificandosi, prese nella notte dei tempi, forme che danno alimento alla fantasia del visitatore. La tecnica di muratura è a “casciata” e tali costruzioni a cupola o a tronco di cono presentano delle aperture esterne rettangolari che permettono di penetrare a carponi attraverso un corridoio nelle celle. Il Sese del Re, ha dodici celle più docici corridoi ed undici ingressi; si suppone che dovette essere il sepolcro del capo dei Sesioti. L’Orsi parla di ben cinquantasette Sesi, escludendo quelli distrutti dall’uomo. Ogni Sese ha un numero di ingressi che vanno da due ad undici; la loro altezza non supera un metro, i corridoi sono stretti e lunghi circa sette metri conducono nelle rispettive celle rotonde le cui dimensioni variano anche nello stesso Sese. In ogni cella veniva adagiato il defunto rannicchiato e con il capo verso occidente. Il Sese catalogato dall’Orsi al numero trentuno “…aveva il suo deposito intatto”, un solo scheletro adagiato, gli arti rattratti, col cranio a ponente ed i piedi verso lo sbocco della galleria…” Il lento scorrere dei secoli non ha deturpato la bellezza di questi capolavori, unici al mondo, che inculcano un senso di religiosità. In anni recenti (1997-2008) le ricerche di Fabrizio Nicoletti e Sebastiano Tusa hanno permesso di individuare nuovi Sesi, due dei quali hanno per la prima volta restituito deposizioni funerarie integre. Nell’abitato di MURSIA sono

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🚩|| 𝐑𝐀𝐃𝐈𝐎 ® 𝐏𝐀𝐍𝐓𝐄𝐋𝐋𝐄𝐑𝐈𝐀 || 🚩 “La vite ad alberello e l’agricoltura eroica dei panteschi”

Il 26 novembre 2014 a Parigi l’UNESCO ha dichiarato la “Pratica agricola della coltivazione della vite ad alberello, tipica dell’isola di Pantelleria”, patrimonio immateriale dell’umanità. Il riconoscimento è stato approvato all’unanimità da tutti gli Stati parte dell’UNESCO. e si tratta della prima pratica agricola al mondo ad avere ottenuto questo prestigioso riconoscimento. Tale riconoscimento ha premiato i sacrifici eroici del popolo pantesco che sfida condizioni ambientali estreme, legate alla costante presenza dei venti e alla scarsa piovosità, compensata da una forte umidità. Grazie alla dedizione dell’uomo si ottengono frutti straordinari, unici. Nel susseguirsi delle generazioni, è stato possibile perfezionare pratiche di resistenza alla fatica, di cura delle piante, di adeguamento alla varietà del suolo, che sono la forza della cultura rurale pantesca. Lo stesso vitigno coltivato in Sicilia o in altre parti dell’italia produce uva ben diversa sia per sapore che per consistenza, il tutto dovuto alla combinazione “terra, sole, mare, condizione climatiche e ambientali”. Nella stessa isola il prodotto è diverso da contrada a contrada e da appezzamento ad appezzamento di terreno. Le uve qui assumono delle connotazioni uniche grazie agli sbalzi termici tra il giorno e la notte, grazie al suolo e la magnifica luce che pervade ogni cosa Popoli diversi ma uguale scelta di vita: agricoltori e non marinai Gli uomini che nei millenni sono sopraggiunti su quest’isola al centro del Mediterraneo nel Canale di Sicilia, Sesioti, Fenici, Cartaginesi, Romani, Bizantini e Arabi, Spagnoli sono tutti diventati agricoltori, sviluppando tecniche agronomiche particolari ed uniche per preservare le coltivazioni e consentire la loro stessa sopravvivenza. La vite la cui presenza sull’isola è millenaria fu introdotta dagli Arabi ma non per produrre vino ma per l’appassimento e come uva da tavola. Coltivazione della vite ad alberello La vite, nella forma dell’alberello pantesco, viene coltivata in conche profonde circa 20 cm, utili per accumulare l’acqua piovana e proteggere i grappoli dal vento. La tecnica di coltivazione, introdotta dai fenici, è particolarmente articolata e prevede esclusivamente l’intervento della mano dell’uomo, fino alla vendemmia che comincia a fine di luglio. Le uve zibibbo, ricavate da questi vigneti, rappresentano la materia prima per la vinificazione del pregiato Passito di Pantelleria. Ulivi striscianti grandi come una casa Gli ulivi a Pantelleria vengono coltivati in un modo unico al mondo, sono striscianti cioè le branche toccano il suolo per sfuggire al vento che soffia sempre a Pantelleria e grandi come una casa. Questo vuol dire che le olive non possono essere raccolte neppure con le reti ma una ad una! La varietà di olive sono la Biancolilla, che si presta a essere allevata in questo modo, la vecchissima Giarraffa presente dal periodo arabo e poi nell’ottocento innestata soprattutto a Biancolilla, la Nocellara, famosa come oliva da mensa ma che garantisce un olio straordinario e, soprattutto, olivastro i cui frutti sono piccolissimi. La miscela garantisce stabilità all’olio. Così come l’alberello della vite, l’albero di ulivo viene fatto crescere basso per impedire al vento di distruggere la fronda. Per far ciò vengono “impiccate” le pietre ai rami, in altre parole i contadini legano i rami a pietre che spingono i rami verso il basso, obbligandole ad allargarsi in modo strisciante sul terreno. I capperi di Pantelleria Una testimonianza di agricoltura difficile ed eroica, insieme alla coltura della vite ad alberello, è quella dei Capperi di Pantelleria. Conosciuto sin dall’antichità, ne parlano infatti già autori come Dioscoride e Plinio, nell’isola vulcanica al centro del mediterraneo il cappero ha trovato il suo habitat ideale. La pianta di Cappero è un alberello che, dalla primavera all’autunno, produce i capperi lungo i propri rami che possono raggiungere anche i due metri di lunghezza. Per questo, nei cappereti, terreni dove si coltivano i capperi, le piante sono disposte ad una certa distanza l’una dall’altra. Da Maggio a Settembre si raccolgono i boccioli del cappero che opportunatamente trattati con sale marino arrivano nelle nostre tavole Sia il Ministero Italiano delle Risorse Alimentari con decreto 2 Dicembre 1993, sia l’Unione Europea con reg.CE N.1107/96, hanno riconosciuto la superiore qualità del cappero di Pantelleria con la I.G.P

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🚩|| 𝐑𝐀𝐃𝐈𝐎 ® 𝐏𝐀𝐍𝐓𝐄𝐋𝐋𝐄𝐑𝐈𝐀 || Grazie THE ISLAND FESTIVAL 2023

he Island festival 2° edizione: un successo annunciato e Radio Pantelleria ringrazia
I numeri parlano da soli per il format di Musa Agency: 2400 presenze sull’isola di Pantelleria nel mese di giugno.
2400 spiriti liberi , da tutta Italia si sono ritrovati sull’isola dall’1 al 4 giugno alla faccia dell’anacronistico concetto pseudo-mediatico che Pantelleria è seguita e vissuta solo per qualche mese d’estate.

Dj set durante tutte le attività esperenziali delle 4 giornate dal Boat party sul Catamarano di Plenitude al quartier generale del festival, senza nessun limite di orario e di libertà, escursioni di trekking intorno all’isola, lezioni di yoga per riequilibrare corpo e chakras, provare le emozionanti saune naturali e il fanghi del Lago di Venere , assaporare i profumi ei sapori panteschi in giro per aziende vinicole e agricole dell’isola, per non dimenticare i sunset party di Chandon Garden Spritz sui tetti dei Dammusi nei locali più trendy dell’isola.

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